Non è sempre vero che l’incontro di due culture generi un vincitore
e un vinto.
Capita, al contrario, che a volte venga al mondo una terza cultura,
un altro sentire, figlio spurio delle prime due. Che queste si mescolino
in un’alchimia fantastica.
E’ il caso dell’incontro tra la pianista e compositrice Rita Marcotulli
e il sassofonista inglese di certa fama Andy Sheppard. Se di culture
differenti si parla bisogna però aggiungere che i due si incontrano
da sempre su un piano comune per quanto riguarda la sensibilità artistica,
il sentire, la grande musicalità che sanno trarre dai propri strumenti.
Si sono ritrovati per merito della comune passione per il cinema di
Truffaut, hanno consolidato i loro rapporti professionali quando Andy
ha partecipato all’incisione di “Koinè” di Rita e il loro sodalizio
artistico si è poi rafforzato in una fittissima attività di concerti
dal vivo in duo, su e giù per tutta l’Europa. Al termine del quale
i due si sono ritrovati per dar corpo e fissare su disco le loro intenzioni.
Nasce così “On The Edge Of A Perfect Moment” (Harmonia Mundi/Egea),
in uscita entro la fine del 2006, nel quale i due alternano composizioni
originali a pochi rifacimenti di brani già noti, finendo persino nel
pentagramma di Us And Them dei Pink Floyd, e consacrano il formarsi
e l’affermarsi di una musica che non li vede mai in competizione tra
loro. Non ci sono né vincitori né vinti. C’è un limbo, in cui la musica
galleggia felice. Ad unirli è un amore per il suono in sé, qualsiasi
esso sia purché inventivo, come quando sfruttano il campionamento
del suono delle pietre sonore dello scultore Pinuccio Sciola. Il loro
linguaggio è fatto di sottigliezze, di carezze, di piccoli nuclei
che si sviluppano sussurrando sui tasti del pianoforte e del sax,
di blocchi di accordi e di melodie che sembrano crearsi dal nulla
e divenire canto e incanto. Li si ascolterebbe per ore. A cinque anni
si innamora del pianoforte, strumento che approfondirà presso il Conservatorio
di Santa Cecilia di Roma. Rita Marcotulli, elegante pianista dalla
grana melodica e dalla voce strumentale molto esclusiva, si avvicina
alla musica brasiliana per poi approdare definitivamente all’estetica
del jazz intorno ai venti anni. Nei primi anni ’80 è presente sulla
scena romana allora assai fervida, quella che attorno a pochi e fortunati
locali coltivava i grandi musicisti che oggi conducono il jazz italiano.
Era consueto, in quegli anni, vedere dei giovani musicisti italiani
esibirsi al fianco di grandi stranieri di passaggio in Italia. E’
così che Rita si impegna al fianco di musicisti noti quali, tra gli
altri, Chet Baker, Steve Grossman, Peter Erskine, Joe Henderson, Joe
Lovano, Charlie Mariano, Tony Oxley, Michel Portal, Richard Galliano,
Enrico Rava, Michel Benita, Aldo Romano, Kenny Wheeler, Bob Moses,
Andy Sheppard. Nel 1986 lascia l’Italia per la Svezia, esperienza
durata sei lunghi anni e che ha rappresentato una chiave di volta
nella corsa musicale della pianista e compositrice per un duplice
aspetto. Dal punto di vista stilistico la ricerca della contabilità
della melodia e certo amore per una musica di tipo evocativo e non
solo ipertecnica, ne marcano profondamente la carriera. Dal punto
di vista della notorietà e delle esperienze, nel 1987 viene votata
come “Miglior nuovo talento italiano” dell’anno nel prestigioso referendum
indetto dalla rivista Musica Jazz fra la critica specializzata e l’anno
seguente viene chiamata da Billy Cobham per le sue formazioni. Negli
stessi anni lavora e continua a perfezionarsi in Svezia, esibendosi
con Palle Danielsson, Anders Jormin, anche con Nils Petter Molvær.
Alterna, specie a metà degli anni ’90, di ritorno in Italia, propri
progetti nel jazz, come il rapporto che la lega alla cantante Maria
Pia De Vito, a collaborazioni nel mondo della canzone, specie nelle
formazioni di Pino Daniele, trovandosi a collaborare perfino con Pat
Metheny. Autrice di una discografia numerosa e importante – l’incisione
in duo con Sheppard di prossima pubblicazione e il piano solo intitolato
“The Light Side Of The Moon”, rappresentano i capitoli finali – è
leader di altri diversi progetti: Koinè, solitamente un quartetto
con Andy Sheppard ai sassofoni, Anders Jormin o Palle Danielsson al
contrabbasso e Philippe Garcia alla batteria, con ospiti speciali
alternati Lena Willemark, Carlo Rizzo, Gianmaria Testa, Arto Tuncboyaciyan;
The Woman Next Door, vale a dire l’omaggio a Truffaut, che coinvolge
Javier Girotto, Pietro Ciancaglini al contrabbasso, Roberto Gatto
alla batteria, Aurora Barbatella all’arpa celtica e tre organetti
diatonici; il memorabile duo con la cantante Maria Pia De Vito; è
anche in testa ad alcuni organici a tre, con Furio Di Castri e Patrice
Heral, e l’altro con Palle Danielsson e Peter Erskine; infine il quartetto
con Javier Girotto, Gianluca Renzi al contrabbasso e Roberto Dani
alla batteria.
Originario di Warmister, Andy Sheppard è considerato uno dei più interessanti
solisti europei. Non a a caso ha avuto modo di esibirsi nelle fila
degli organici a pianta larga di quotatissimi bandleader come il compianto
Gil Evans, George Russell e Carla Bley. Con la Bley, Sheppard suona
abitualmente anche in piccoli gruppi. Ma la carriera del sassofonista
si è sciolta anche lungo altri sentieri: le collaborazioni, fra gli
altri, con il percussionista brasiliano Naná Vasconcelos, gli olandesi
Han Bennink e Ernst Reijseger, con il pianista connazionale Keith
Tippett; la costituzione di propri gruppi, sia di ridotte che di ampie
dimensioni. In Italia Sheppard è da tempo di casa e ha trovato proprio
in Rita Marcotulli una partner artistica particolarmente congeniale:
entrambi prediligono una musica dai limpidi tratti melodici, grazie
a quella naturale cantabilità che li contraddistingue. Sheppard è
diventato così una delle colonne portanti di Koiné, il fortunato progetto
della pianista italiana che prende il titolo dal disco omonimo, nonché
l’altra anima di “On The Edge Of A Perfect Moment”.