Jazle - il festival jazz del salento

Mark Murphy

Lecce, Teatro Paisiello, 12 marzo 2004

MARK MURPHY. "He is my equal" diceva di lui Ella Fitzgerald e non sbagliava.
Mark Murphy è uno dei grandi maestri del canto jazz, è il massimo cantante jazz vivente, l’unico che abbia saputo coniugare l’affabile comunicativa dell’entertainer con la sofisticata ricerca sulle forme vocali.
Mark Murphy alla bella età di settant'anni ha ancora l'energia di un quarantenne: la forma vocale è esuberante ed è sostenuta da una lucida fantasia improvvisativa. Lo accompagnava un gruppo smagliante e compatto composto dal pianista Giovanni Mazzarino, il sassofonista George Robert, il bassista Stefano Senni e il batterista Andrea Michelutti. Murphy è un magnifico improvvisatore vocale, è affabile col pubblico ma non dimentica la sua peculiare identità di jazzman, fortemente legato alla memoria storica del bop, della beat generation, della scena californiana di S.Francisco dove prosperavano le serate di "jazz & poetry". Come pochissimi nel canto jazz (l'unico riferimento appropriato è Jon Hendricks) sa giocare con la componente ritmica dei versi, illuminandola di una tensione declamatoria che scaturisce dalla magistrali doti di enunciazione e intonazione. In Murphy la narrazione non va mai a scapito della colorazione musicale delle sillabe, consonanti comprese. Quando affronta lo scat è sempre un esercizio ricco di soluzioni, tanto spericolato quanto godibile e coinvolgente. Con l'età la voce s'è fatta ancor più scura e baritonale, e il suo intimo appeal, colloquiale e declamatorio, non ha perso nulla del proverbiale dinamismo timbrico, capace di passare al falsetto con assoluta naturalezza. Voce baritonale tanto corposa quanto duttile, quella di Murphy è un magnifico esempio di eloquenza timbrica, duttilità espressiva e agile dinamismo ritmico. Maestro di vocalità esuberante e ricca di calore, Murphy è un magnifico improvvisatore; è affabile col pubblico ma non dimentica la sua peculiare identità di jazzman, fortemente legato alla memoria storica del bop, della beat generation, della scena californiana di S. Francisco dove prosperavano le serate di "jazz & poetry". Come pochissimi nel canto jazz (l’unico riferimento appropriato è Jon Hendricks) sa giocare con la componente ritmica dei versi, illuminandola di una tensione declamatoria che scaturisce dalla magistrali doti di enunciazione e intonazione. Quando affronta lo scat è sempre un esercizio ricco di soluzioni, tanto spericolato quanto godibile e coinvolgente. Con l’età la voce di Murphy s’è fatta ancor più scura ma il suo intimo appeal, colloquiale e declamatorio, non ha perso nulla del proverbiale dinamismo. Scoperto nel 1953 da Sammy Davis jr., questi fu così impressionato dal suo talento che lo invitò a dividere il palcoscenico con lui, qualche sera dopo. Sostenuto per alcuni anni dal famoso cantante-attore, Murphy sembrava destinato alla brillante carriera di pop singer ma il fascino del jazz e l’innato temperamento creativo l’hanno condotto a questa musica. La sua carriera s’è svolta principalmente nei club dov’è diventato un cult singer, sostenuto da un fedelissimo pubblico. "Canto per un pubblico di individui- ha detto in un’intervista- Canto per persone adulte che hanno avuto esperienze e problemi e vogliono sentire una musica che esprime la complessità della vita, persone stanche del primitivismo della musica leggera". Negli ultimi anni, finalmente, sono giunti prestigiosi riconoscimenti: ha vinto i referendum lettori di Down Beat nel 1996, 1997 e 2000 ed ha collezionato sei Grammy Nomination il miglior disco di jazz vocale. Il suo ultimo disco, splendido mix di esuberanza e lirismo, è Lucky To Be Me (Highnote).

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